A man is working using laptop at park. Outdoor, guy look challenged and thinking.

Una Challenge per lanciare prodotti e servizi- Cosa abbiamo imparato

Vi ricordate la Challenge, il nuovo sistema di lancio implementato nel Marketing da Zach Spukler? Ve ne abbiamo parlato nell’Episodio 27 oggi siamo felici di condividere con voi le fasi di questo processo e di fare il punto della situazione. In cinque giornate di Challenge, infatti, abbiamo seguito cinque diversi steps e svolto i compiti che ci sono stati assegnati. Nell’episodio di oggi di ProsperityLive vi sveliamo quali sono i passi da compiere e l’interessante esperienza a cui abbiamo preso parte.

Ascolta “[030] Una challenge per lanciare prodotti e servizi: cosa abbiamo imparato” su Spreaker.

Nella Challenge ci sono stati compiti più complicati di altri, ma la loro maggiore difficoltà è uno stimolo utile per riflettere meglio sul prodotto e servizio che si sta per lanciare. Inoltre, una volta completato il compito assegnato, per questa Challenge viene creato un gruppo ad hoc chiuso su Facebook. Qui si condivide il compito del giorno e ci si sostiene reciprocamente. Quindi ne derivano consigli e suggerimenti, che fanno diventare questo gruppo un vero e proprio MastermindNaturalmente qui si condividono anche i risultati raggiunti! Questa condivisione fa sì che si creino anche delle relazioni con persone di diversi paesi e che hanno le più disparate attività. Quindi un’occasione molto bella di apertura e confronto.

La Challenge è uno strumento molto utilizzato all’estero, soprattutto negli Stati Uniti. Qui in Italia, in ambito Marketing, non se ne sente ancora molto parlare. Per questo siamo felici di essere stati pionieri di questa esperienza. Siamo ora pronti a partire con la nostra: il 18 settembre parte la LinkedIn Challenge e nelle settimane successive condivideremo con voi i risultati. Oggi in regalo per voi una check-list con le varie fasi della Challenge:

Ecco di cosa parleremo:12

  • Giorno per giorno i compiti assegnati della Challenge
  • Riflessioni sulle varie attività assegnate
  • E’ importante nella propria attività essere chiari su cosa si fa e cosa non si fa
  • Challenge: il gruppo chiuso su Facebook come opportunità di condivisione e confronto
  • La conclusione delle 5 giornate di questa sfida
  • Questa esperienza come opportunità di sviluppare nuovi canali strategici

 

Chess game business strategy concept

Spendere? No, spendersi. Una strategia vera per il proprio business.

Chi più spende meglio spende. Un vecchio detto che, in alcuni casi, potrebbe andar bene. Diciamo la verità, in questi anni il denaro è forse cosa rara, o meglio, difficile da raggiungere. Spazio dunque ad un concetto ed una parola chiave: strategia.

Se volete davvero far crescere il vostro volume d’affari, pensate alla vostra strategia vincente. Sicuramente un budget più cospicuo aiuta il vostro progetto ad essere fiorente, ma non è questo il cuore del vostro successo. Molti professionisti ed aziendeimpiegano molte ore (per non dire mesi) nella stesura della propria idea, studiando in dettaglio target, mercato, competitor, placement e molto altro.

Dedicate tempo, passione, ingegno al vostro progetto. Confrontatevi con professionisti, fate networking, createvi una propria cultura, studiate. Spendetevi.

Pensare di creare un business vincente nel giro di pochi giorni è da folli: forse non è impossibile, ma nella maggior parte dei casi mercato e realtà dettano legge. Ed allora non c’è niente di meglio che spremere le meningi, studiare i punti di forza/debolezza del proprio prodotto, analizzare il cliente obiettivo e mettersi al lavoro.

Nella mia carriera ho visto molti professionisti e società chiudere la propria attività perché improvvisata, sprovvista di una strategia di crescita reale.

Spendere può avere due accezioni: sperperare (metter mano al portafogli e tentare la fortuna senza alcuna strategia, magari seguendo il buon vecchio istinto), e investire (credere in un’idea, un progetto, mettendo a disposizione i propri “risparmi”) attraverso uno studio accurato.

Il marketing non è la “palla di vetro magica”, ed fattore X è sempre dietro l’angolo. Le strategie non possono prevedere al 100% ciò che succederà, ma possono fare simulazioni importanti che ci faranno (a monte) fare scelte consapevoli.

Non smettete di sognare e di inseguire i vostri sogni direbbe qualcuno, ma fatelo con un minimo di strategia. La realtà (forse) potrà essere ancor più bella.

cosa-faccio-cosa-non-faccio

Cosa Faccio e Cosa Non Faccio

Lunedì scorso mi trovavo a Roma, nella mia consueta riunione del lunedì nel mio network (BNI). Colazione di lavoro con i professionisti del mio gruppo, discorsi, confronti, spunti interessanti.

Poi, come ogni settimana, un professionista specifico ci presenta la propria attività in maniera approfondita. Paola si esibisce con slide e parole efficaci. Sul finire della sua presentazione (ottima senza dubbio) arriva la ciliegina sulla torta: una slide con su scritto “COSA NON FACCIO“. Semplicemente geniale!

Molto spesso al giorno d’oggi (forse per la paura di una crisi che ci dicono ancora forte, forse per una facile cultura del “meglio far di tutto, così si opera in molti campi”) incontriamo persone che si definiscono esperte in molti campi (li chiamavano tuttologi). Fermo restando che la fame di sapere e di formarsi in differenti campi è comunque un ottimo spunto, credo sia fondamentale per un professionista (o una società) specializzarsi in un settore.

Sì, anche i mercati e settori di impresa apparentemente spogli racchiudono molte sfumature e la richiesta di una formazione continua. Sì pensi al settore infinito di internet: quante micro (anzi, macro) aree racchiude al suo interno? Ma non solo: il settore pubblicitario, quello legale, i coach, ed altro ancora.

Dire “faccio tutto” equivale a dire “faccio zero, o giù di lì”. L’identificazione delle competenze aiuta il focus dei professionisti su specifici settori ed indirizza anche le risorse economiche in termini di formazione ed investimenti.

Tornando a Paola: dopo aver spiegato chiaramente cosa sa fare (e credetemi, lo sa fare benissimo), ha spiegato a tutti cosa non fa. Fondamentale: in questo modo ha valorizzato le sue specializzazioni. Lei è inconfondibile perché (dopo un focus sulle sue competenze) ha definito i campi di non operatività, quelli che potrebbero essere “confusi” con i propri ambiti di competenza.

Ogni professionista dovrebbe spiegare nel dettaglio cosa sa fare e cosa non fa (quindi con cosa non confondere le sue competenze). Grazie alla mia amica Paola, come al solito professionista illuminata e con idee di avanguardia: a proposito, scrivo articoli su LinkedIn anche perché proprio Paola (particolarmente esperta nella cura di questo business network) mi ha fatto scoprire numerose funzioni.

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Il cliente NON ha sempre ragione. Forse.

Vi siete mai chiesti quale confine ha il rapporto tra cliente e fornitore di servizi? Probabilmente sì. Forse alcuni di voi non curano questo dettaglio, ed invece è bene costruire nel tempo una linea di confine. Tra chi? No. La risposta è tra cosa.

Mi spiego meglio: troppo spesso capita che la sfera lavorativa del fornitore venga invasa oltremodo dal cliente (anche in buona fede). Costui non ha la competenza del fornitore stesso, e quindi va da sé che il concetto di fiducia sia fondamentale. Le domande che il cliente deve farsi è: perché ho scelto questo o quel professionista? Perché sto lavorando con lui? Ne sono soddisfatto? Posso migliorare il mio rapporto con lui?

Il professionista (fornitore di servizi) ha tutto l’interesse (se svolge un’attività con la giusta propensione etica) a voler soddisfare il cliente: deve però anche mostrare i limiti del lavoro, quelli che possono essere superati oggettivamente, soggettivamente e quelli che (onestamente) è impossibile superare in un determinato contesto.

Il cliente ideale è colui che ha rispetto del lavoro, e concepisce il rapporto lavoro/denaro come uno scambio equo, non come l’ingaggio di uno schiavo a tempo (in)determinato.

Il professionista, dal canto tuo, deve essere pronto a proporre tutte le soluzioni possibili e percorribili per soddisfare il cliente, ed essere da subito trasparente su prezzi e prestazioni offerte. Così poi si dirà che il cliente NON ha sempre ragione. Forse.

Strange engineer examines the cooling radiator, test in laboratory. Electrical testing tools on background. Lab equipment, engineering workshop

E’ bello ma non comunica

E’ bello ma non comunica.

Quante volte vi sarà capitato di vedere siti, campagne pubblicitarie, maxi affissioni nelle piazze più belle delle vostre città (e già non va bene).

I messaggi pubblicitari, o meglio, la comunicazione… Può essere bella a vedersi? Può bastare l’elemento estetico per rendere un messaggio adatto e efficace? La risposta è articolata. Facendo un sunto del mio concetto, direi che l’estetica potrebbe bastare se a parlare fossero altri linguaggi, se si utilizzassero altri registri (in contesti specifici): il corpo per esempio.

Non basta quindi un’ottima scelta della singola immagine (importante). E’ necessario che l’obiettivo del messaggio sia raggiunto, che questo sfrutti un canale adeguato, e che venga composto nel miglior modo possibile. Il rapporto tra testo e immagini è quindi fondamentale.

L’estetica vuole la sua parte, ma l’efficacia ha la sua importanza. Non sempre le campagne pubblicitarie più belle sono anche quelle che hanno più successo.

Ricordate (in sintesi): mittente -> messaggio -> canale (il mezzo, detto medium) -> destinatario.

A questi elementi fanno eco molti fattori “disturbanti”. Non voglio prolungare, ma ciò che è importante è: il mio messaggio è anche chiaro?